domenica 21 aprile 2013

PREMI IL CUORE: il Saltarello romagnolo


Vagando sul web può capitare di imbattersi in testi che vanno oltre lo scopo per cui sono stati scritti: eccone uno.
Ringrazio Gian Carlo Battilani, che è stato anche a suonare per noi all'Osteria del Naviglio qui a Rezzato, per la semplicità e la chiarezza con cui ha riordinato le informazioni raccolte (un lavoro lungo e preciso fatto sul campo), e per lo spaccato umano che ha saputo tratteggiare descrivendo certi campanilismi che spesso ci travolgono nella ricerca dell'esecuzione perfetta.
Con l'augurio che danzare sia sempre una gioia e che si possa sentirsi tutti partecipi della gran tresca finale, dove  ci si dà e ci si concede.



IL SALTARELLO IN ROMAGNA
una sintesi a cura di Gian Carlo Battilani

Curiosa storia le passioni; vengono senza bussare ed è difficile scrollarle di dosso... da me ha bussato quella per il saltarello e ci vorrà un po' di tempo prima che mi passi. Ho scritto queste pagina per fare un po' di ordine, sia per me che per gli altri (appassionati)
Dal 2003 ad oggi ho raccolto tante informazioni ma tante ancora mi mancano. Tuttavia ho voluto ricapitolare in una tavola sinottica tutto ciò che so, proprio per porre ordine nella vicenda. Il principio-guida è analogie & differenze. Scopo? riuscire a ballarli tutti senza fare confusione!
Inciso: mi scuso coi lettori se il linguaggio risulta talvolta inappropriato o sembra una lezione. Vi assicuro che non è intenzionale. Vivo ogni festa a ballo come un luogo dove ci si diverte, non si compete e non c'è stress...personalmente mi trovo a mio agio nel mondo folk rispetto al liscio dove ci sono figure codificate, gare, giurie... e con esse l' "accademismo della danza"... fino al tango argentino che è accademismo puro, ma loro ci sguazzano e non ballano altro per anni...sono contento che siano contenti, ma è una filosofia che non mi appartiene. In fondo ribadisco che qui intendo solo mettere un po' di ordine e non fare "L'accademia della danza folk".
Breve dietrologia: si sa che ogni borgo aveva un suonatore di riferimento che celebrava la festa come un rito, c'era un ballo principale o pochi balli; si facevano sempre solo quelli perciò si sviluppava uno stile preciso... invece oggi siamo "figli degli stages" e degli "ateliers" e si teme che tutto diventi "simile"..."omologato"...è vero...è un pericolo che corriamo. Ma c'è anche una posta in gioco. La continuità della tradizione. Se il ballo rimane ingessato in una teca pian piano va in declino. Se lo si dà "in pasto" a nuove generazioni il ballo resta in vita ma è soggetto a mutazioni. Di fatto resta fissa la melodia ma le movenze cambiamo perchè il ballerino, conclusa che sia la fase didattica, comincia a mettere del proprio; se la cosa piace viene imitato dai suoi coetanei. Lo vedo già bene nelle bourrées: le movenze dei 20enni non hanno più niente a che vedere con quelle dei 40-50 enni... eppure l'orchestra suona la bourrée per tutti!
Molti mi dicono che "consumiamo" le danze in quantità industriale...senza approfondire poche cose per farle in modo eccellente...
Verissimo, ma la nostra società è ad anni luce da quella che diede origine alle danze che ci proponiamo di conservare. Continuiamo a ballarle perchè non se ne perda la memoria ma se nostro bisnonno resuscitasse dicerto non riconoscerebbe ciò che noi oggi danziamo pensando che fosse "la sua danza". Sono tanti quelli che ballano per divertirsi ed io con loro. Come suonatore mi trovo in un osservatorio privilegiato. I ballerini hanno l'orecchio allenato e sentono se io suono "fiacco", ma dal palco io vedo sempre tutti. Noto se un cavaliere è incerto nella guida o se una dama balla fuori tempo. Per questa ragione mi dispiace vedere che certi balli vengono evitati perchè sono stati insegnati in modi diversi. Questo survey ha questa finalità: segnare un punto fermo in modo che ci sia univocità in sala e possano ballare tutti. Nella tavola sinottica, nei rari casi in cui ci fossero state discordanze, io ho messo UNA forma, senza dire "ma si può fare anche cosà"...non mi interessa, è meglio dare una SOLA versione ad una coreografia, e che sia la stessa per tutti! Se uno ha fantasia la mette nella postura, nelle ornamentazioni in ciò che si usa definire "lo stile personale".Per fare un esempio: "si entra in stella di mano destra" ma nella furia del ballo una coppia è convinta del contrario e si va allo scontro. Ho visto gente litigare per delle futilità. Dopo il ballo senti dire: "ma noi abbiamo imparato dal tale e ci ha detto così..." già, l'istruttore può aver detto il vero o il falso, come tutti anche lui può incorrere in errore, ma.........l'importante è che la comunità che sa ballare, esempio, la "manfrina in 4 di Premilcuore" (metti 500 persone in tutta Italia) la sappia fare in UNA versione, e senza intoppi, se si vuol ballare insieme in modo scorrevole!
L'incertezza è quello che mi preme evitare. Un pizzico di "accademismo" lo vorrei spendere su questo teme: l'andamento coreografico.
Ed ecco dove stanno le differenze: nell'Appennino bolognese i balli hanno nomi diversi ma in sintesi le figure che si eseguono sono sempre solo 3: tonda, balletto, braccia; quello che conta è lo stile, che può includere diversi ornamenti e nel finale c'è sempre la tresca... E in Romagnai balli sono tanti con coreografie sempre diverse! come modulo ricorrente anzichè avere la tresca noi abbiamo il saltarello; qui ve li elenco tutti, notate come variano secondo la zona geografica al pari dei dialetti. Ma una festa a ballo non si definisce tale se non si lascia un adeguato spazio all'esecuzione di uno o più saltarelli. Assume anche denominazioni diverse tipo "russiano" o "ballinsia", ma il saltarello è il ballo per antonomasia delle contrade di Romagna.
(questo interessantre articolo l'ho trovato in internet, senza fonte, per cui non so citarvi l'autore)
" per saltarello si intende un'ampia famiglia di balli tradizionali di alcune regioni dell'Italia centrale (Abruzzo, Lazio, Marche, Umbria e Molise). Solo poche aree però conservano oggi una tradizione viva ed autentica del ballo..."
Una danza definita "saltatio" era il ballo più tipico degli antichi Latini, tanto che saltare era giunto a significare "danzare". I Latini usavano anche le choreae, danze circolari lente e solenni, accompagnate dal canto degli stessi danzatori, e la ballicrepa, una danza armata. La saltatio sembra invece essere stata una danza vivace scandita in tre tempi. Era diffuso praticamente in tutta l'Italia centrale, in varie forme, con il nome di saltarella, zumparella o ballarella. Originariamente gli strumenti tipici dell'esecuzione erano la zampogna, o meglio le ciaramelle, dette così al plurale per indicare la polifonia dello strumento. Si tratta di uno strumento a sacca con ancia doppia, due canne, una di canto e l'altra di controcanto con un solo bordone che però è stato azzittito.

Attualmente, nelle feste, il ruolo antico della zamporgna è stato quasi totalmente preso dall'organetto, di solito diatonico (detto lu du' botte) perchè dotato nell'accompagnamento di sue soli accordi, quello di tonica e quello di dominante.
La struttura del ballo è modulare, nel senso che suonatori e ballerini compongono liberamente le loro esecuzioni utilizzando una tipologia fissa di frasi musicali e di passi. La maggior parte dei repertori consiste in balli di coppia (non necessariamente uomo-donna). Sul piano della struttura coreografica si ritrovano forme antiche mono-strutturate, ma il modello più ricorrente è quello a struttura bipartita o tripartita. Si balla di solito una coppia per volta, e le coppie possono essere miste o dello stesso sesso. L'uomo, o la donna che invita (nel caso di una coppia solo femminile) prende per mano la donna e con una tipica corsa la porta al centro della ronda e con una serie di passi fra i quali lo spontapè , o spunticchio o scarpetta eseguono dei modelli di ballo con inseguimento e finta fuga e reciproco sfoggio di destrezza e resistenza fino ad arrivare alla sostituzione con altre coppie."




-tutti i saltarelli sono in forma di controdanza per cui ballano tre coppie distribuite su due file contrapposte 
-nella terzina "uno" c'è un cavaliere affiancato da due dame; nella terzina "due" c'è una dama affiancata da due cavalieri
-ove possibile la terzina uno può dare le spalle all'orchestra; generalmente i sestetti si dispongono liberamente dove trovano posto
-vi sono scambi di posto alla fine di ogni passata musicale ma certe coreografie fanno eccezione
-in tutti questi saltarelli sono importanti le chiusure; bisogna conoscere il brano e chiudere in sincronia perfetta col suonatore
-non c'è saltarello che abbia meno di tre passate musicali di modo che ogni coppia sia stata una volta in centro (la spaccata). La maggior parte però è di sei passate, sempre con cambio di posto, perciò ognuno passa nelle sei "case" fino a tornare in quella da cui è partito. Il ruolo delle dame è diversificato. In certe coreografie restano al loro posto, in altre scalano di un posto ad ogni passata. Quando una coppia è protagonista il fenomeno è detto "spaccata" perchè in realtà si "spacca" il sestetto; una coppia balla e gli altri sottolineano il ritmo col battito delle mani.


 

Elenco qui di seguito i gruppi che suonano/praticano i balli suddetti e gli specialisti che insegnano le rispettive coreografie.In primo piano metto il Gruppo Uvagrisa, di Rimini, presidente Gualtiero Gori, autore con Pino Gala di una grossa fetta della ricerca in Romanga. Gori si avvale, per l'insegnamento, di Giuseppe Scandiffio.Sempre a Rimini c'è il Gruppo Quei d'una volta, referente Sauro Casaliche ha diversi maestri di ballo.A Bellaria c'è il Gruppo Amici delle tradizioni etniche e popolari, con i maestri Dorli e Salvatore.Il più volte citato Ivano Gobbi, con il supporto organizzativo di Franco Baldisserri e del Gruppo Balli del Parcheggio ha tenuto nel 2008 due importanti ateliers presso la fattoria di Lucio e Nadia a Petrignone di Forlì.A Faenza c'è il gruppo musicale già storico, La Carampana, con RobertoBucci al violino. Mentre il saltarello di Faenza era noto già dieci anni fa, quello di Castelbolognese è stato pubblicato a Petrignone solo di recente (da Bucci stesso) insieme ad Elisabetta Quarantotto, in marzo 2008. Per la didattica dei balli della Romagna centrale Bucci collabora spesso con Elisabetta; per citare un esempio: hanno tenuto un paio di ateliers in Veneto ove ci sono alcune enclavi dove le danze romagnole sono molto stimate. Nella regione di Modigliana i corsi sono tenuti da Tiziano e Sara Gurioli.Tra Faenza e Forlì, a Villagrappa, c'è un altro ricercatore e appassionato cultore dei canti e dei balli di tradizione romagnola: Mauro Platani, che nel 2005 ha fondato il gruppo La Banda de Grél, che si trova spesso in calendario per eventi legati alle tradizioni popolari e al folkrevival.A Imola ci sono i gruppi Triogrande e Folk a Vapore con Gian Carlo Battilani al violino, che oltre alla conoscenza della totalità dei brani romagnoli, possono tenere stage di danza sia a livello base che specialistico. La Valle del Santerno poi merita una menzione speciale in quanto Battilani, insieme a Mauro Grassi ha condotto una ricerca sul campo tra il 2001 e il 2006 che ha riportato alla pratica danzereccia due dei saltarelli sopra citati unitamente ad altri 12 balli per ora noti e praticati solo in Val Santerno.
Chiunque voglia organizzare corsi, atelier, stage avvalendosi a seconda dell'area di riferimento della persona più competente può telefonarmi allo0542 642686 Ho creato anche un gruppo di interesse sul quale si può dialogare liberamente sul saltarello romagnolo, e nel quale sono gradite adesioni, è su facebook, cliccare per credere saltarello romagnolo su facebook